Ho molta ammirazione per chi riesce tutti gli anni a pensare e a confezionare regali di Natale fatti a mano. Di questi tempi i blog di maglieriste/i sono pieni di calzini per i geloni del nonno, cappellini per le teste rasate dei fidanzati, scialli per le suocere infreddolite.
Non appartengo a questa schiera per due ordini di ragioni: a) non ce la posso fare, o meglio, per farcela dovrei cominciare il Natale precedente per il Natale successivo, e ancora non riuscirei a completare per tempo l'opera; b) sono molto critica nei confronti dei regali fatti a mano che ricevo. Un lavoro fatto a mano è apprezzabile a prescindere, non per questo mi appare sempre appropriato e ben riuscito, per cui immagino che anche i destinatari dei miei eventuali doni, che considero dotati di analoga capacità di discernimento, siano giustamente soggetti alla stessa inesorabile legge estetica del piace quel che piace.
Anni fa mi riusciva di lavorare a china, scrivere. Se dovevo impacchettare un dono, prendevo carta e pennello e fabbricavo da sola la carta per il pacchetto. Cosa è cambiato è lungo da spiegare, e forse nemmeno io conosco tutti i miei perchè. Credo di aver vissuto, senza rendermene del tutto conto, una lunga lussuosissima stagione attraversata dal piacere impagabile del perder tempo e non avere fretta, che tengo lì, appena dietro l'angolo, e ancora m'illudo di potermi sporgere appena per riafferrarla, uno di questi giorni che non arrivano mai.
Non appartengo a questa schiera per due ordini di ragioni: a) non ce la posso fare, o meglio, per farcela dovrei cominciare il Natale precedente per il Natale successivo, e ancora non riuscirei a completare per tempo l'opera; b) sono molto critica nei confronti dei regali fatti a mano che ricevo. Un lavoro fatto a mano è apprezzabile a prescindere, non per questo mi appare sempre appropriato e ben riuscito, per cui immagino che anche i destinatari dei miei eventuali doni, che considero dotati di analoga capacità di discernimento, siano giustamente soggetti alla stessa inesorabile legge estetica del piace quel che piace.
Anni fa mi riusciva di lavorare a china, scrivere. Se dovevo impacchettare un dono, prendevo carta e pennello e fabbricavo da sola la carta per il pacchetto. Cosa è cambiato è lungo da spiegare, e forse nemmeno io conosco tutti i miei perchè. Credo di aver vissuto, senza rendermene del tutto conto, una lunga lussuosissima stagione attraversata dal piacere impagabile del perder tempo e non avere fretta, che tengo lì, appena dietro l'angolo, e ancora m'illudo di potermi sporgere appena per riafferrarla, uno di questi giorni che non arrivano mai.
2 commenti:
Mi piacerebbe ripubblicare questa tua riflessione su MaM, mi dai il permesso?
Onorata. Permesso accordato ufficialmente.
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